La storia dell’arredamento dagli Antichi Greci alla Belle Époque
XXI secolo, oggi.
Una persona decide di acquistare un guardaroba. Le scelte sono tante: può affidarsi ad un classico armadio a parete, oppure preferire una cabina armadio di lusso; può cercare tra le tante collezioni dedicate alla zona notte o richiedere un armadio su misura. Non ci sono limiti, se non i nostri bisogni, i nostri gusti e le nostre possibilità economiche, specialmente se stiamo parlando di arredamento personalizzato.
L’armadio (e gli altri mobili che hanno la funzione di “contenere”) nasce però da esigenze specifiche e dal bisogno di archiviare, immagazzinare e tenere al sicuro degli oggetti. Come si sono evolute poi queste esigenze, nel corso del tempo? E come si sono tradotte in decorazioni e in specifici stili di arredamento?
Immaginiamo di avere una macchina del tempo e di iniziare un viaggio nella storia dell’arredamento, con la possibilità di ammirare da vicino questi mobili preziosi proprio nell’epoca in cui sono stati pensati, progettati e costruiti. Molti di questi oggetti d’arredo, per la loro cura e attenzione ai dettagli, sono molto apprezzati anche al giorno d’oggi: segno che, al di là dell’epoca e dell’influenza delle correnti artistiche, contribuiscono ancora a quell’idea di timeless style tanto cara a Cosy International.
La Kibotos dell’Antica Grecia
La prima tappa del nostro viaggio nella storia dell’arredamento comincia tra gli Antichi Greci. Questo non perché le civiltà precedenti non avessero degli elementi d’arredo propri, ma perché i mobili greci (che vennero comunque in parte ereditati dai popoli mesopotamici e dagli Egizi) vennero poi trasmessi e rielaborati nel corso dei secoli successivi.
Possiamo dedurre che tipo di arredamento costruissero e usassero gli Antichi Greci a partire dalle scene che dipinsero sui vasi e scolpirono sui bassorilievi che ci sono arrivati fino ad oggi. È possibile già fare una prima distinzione tra i “mobili che sostengono” (come sedie e sedili) e i “mobili che contengono” (ad esempio la cassa che custodiva la biancheria). I primi avevano dei rimandi al mondo naturale e nello specifico animale, riscontrabili in particolare nelle gambe delle sedie a forma di zampe di leone, mentre i secondi si ispiravano alle forme architettoniche: le casse contenitrici erano concepite come delle “piccole case”.
La già citata cassa per contenere la biancheria veniva chiamata “kibotos”, traducibile come cassa di legno, arca o armadio. Pausania, scrittore e geografo greco vissuto nel II secolo d.C., scrisse nella sua Periegesi della Grecia di aver visitato l’arca di Kypselos del santuario di Olimpia, un dono votivo la cui realizzazione viene fatta risalire al VI secolo a.C. L’autore descrisse il mobile come un’arca in legno di cedro, con fregi in avorio ed elementi in oro.
Presso gli Antichi Greci i mobili più interessanti erano però i sedili, distinguibili in tre tipi:
- il diphros, uno sgabello di origine egiziana o assira, privo di schienali e braccioli
- il thronos, una seduta di origine egizia destinata a dei, eroi ed aristocratici, dotata di braccioli, spalliera e predella
- la klismos, una sedia con quattro gambe a sciabola in cui le due posteriori si allungano per formare la spalliera
Un altro mobile greco antico era la kline, un letto utilizzato sia per dormire che per mangiare durante i banchetti.
L’Armarium dei Romani
Proseguiamo questa breve storia dell’arredamento e dell’armadio con gli Antichi Romani, che di base proseguirono la tradizione dei Greci, ma con mobili più ricchi e sfarzosi. La parola “armadio” deriva proprio dal latino “armarium”, che tra i Romani identificava una cassa con mensole interne, chiusa da ante frontali, che conteneva armi o altro genere di attrezzi.
Tuttavia, come testimoniano le città di Pompei ed Ercolano, l’arredo degli Antichi Romani non era numeroso. Ogni angolo della casa veniva curato con attenzione, ma i mobili erano pochi e per custodire i propri beni si preferiva utilizzare delle stanze pensate per questo scopo, invece di contenitori realizzati ad hoc (anche se sono state ritrovate delle casseforti).
Un aspetto interessante dei Romani riguarda la kline. Se per i Greci il suo utilizzo era indifferenziato per il riposo e i banchetti, i Romani invece hanno tre tipologie di letto:
- il lectus cufficularis, per dormire
- il lectus lucubratorius, dedicato allo studio e alla lettura
- il lectus triclinaris, usato per i banchetti (venivano usati tre letti, uno per ogni lato della stanza)
L’uso del letto era molto differenziato, a seconda di età, sesso e condizione sociale. Ad esempio, i figli del capofamiglia e i servi non potevano mangiare sdraiati sul lectus, ma dovevano sedersi presso un tavolo su appositi sgabelli.
Il Medioevo, l’epoca della cassapanca
Il Medioevo è un’età lunghissima, a sua volta formata da periodi storici molto diversi tra loro e quindi con stili di arredamento distinti.
Quest’epoca si aprì con i primi secoli del Cristianesimo, che divise l’arredamento in due tendenze: da un lato c’era la volontà di preferire mobili semplici ed essenziali, più coerenti con la nuova morale religiosa, dall’altro la sfarzosità dell’arredo bizantino, caratterizzato dall’uso di materiali e stoffe preziose. Questo lo possiamo dedurre non tanto dai pezzi autentici sopravvissuti fino ad oggi (pochissimi, come la cattedra vescovile di Massimiano del Museo Arcivescovile di Ravenna), ma dalle pitture e sculture del periodo.
Anche dei mobili dell’Alto Medioevo non sappiamo molto, anche se sono sopravvissuti ai secoli alcuni oggetti metallici come chiavi, serrature e cerniere, realizzate da artigiani esperti. Pare che mai come in quest’epoca i mobili siano stati davvero “mobili”: a causa del carattere itinerante della corte medievale, che si spostava con il proprio signore di castello in castello, erano più adatti arredi di facile trasportabilità. Probabilmente i castelli di questo periodo non avevano un vero e proprio arredamento fisso, ad eccezione di pochi pezzi, come il trono e il letto.
Il mobile protagonista del Medioevo era sicuramente la cassapanca, utilissima per contenere tutto ciò che serviva e usata di fatto come baule di viaggio. Molti pezzi d’arredo venivano concepiti in modo che fossero facilmente imballati, come mobili pieghevoli e sedie a x. Anche le sedute di alta rappresentanza, destinate a sovrani, pontefici e magistrati, erano pensate per essere trasportabili.
Qualcosa cominciò a cambiare in epoca carolingia, durante la quale tornarono alcuni elementi d’arredo del mondo classico e si diffusero più tipologie di tavoli, da quelli quadrangolari per l’uso comune (smontabili anch’essi) a quelli tondi e monumentali.
Passando ai mobili contenitori, un esempio che è sopravvissuto fino ai giorni nostri è la Cassa di Terracina, custodita all’interno del Palazzo di Venezia a Roma. Si tratta di un oggetto della metà dell’XI secolo che aveva lo scopo di contenere documenti ecclesiastici. Osservandola, si possono distinguere nello stile influenze longobarde e normanne, bizantine e arabe, tutte culture che ebbero un importante ruolo nel Lazio dell’epoca.
Non si può poi parlare di Basso Medioevo senza citare lo stile Gotico, che caratterizzò tutta l’Europa dal XIII secolo fino al Rinascimento (in Francia anche prima). La stretta relazione che si creò tra architettura e arredamento permise la realizzazione di mobili più ricchi, a partire dal letto a baldacchino. Si continuarono a produrre sempre più casse, cassapanche e armadi, anche se per lungo tempo uno dei pochi arredi fissi dell’abitazione tipica medievale rimase comunque il camino. Questo anche perché nelle case non si aveva ancora una vera e propria specializzazione degli ambienti, cosa che invece cominciò nei monasteri (in cui, ad esempio, la cucina era separata dal resto). In età gotica comunque anche le abitazioni borghesi iniziarono a strutturarsi in modo diverso, con camere da letto, sale da pranzo, stanza da ricevimento e da studio.
E l’armadio, invece?
Nel Medioevo sopravvisse la parola latina “armarium”, con la quale si indicava un vano ricavato dal muro, protetto prima da un telaio in legno con una tenda e successivamente da una porta in legno. In seguito nelle sagrestie queste nicchie si evolsero in veri e propri mobili autonomi in cui venivano custoditi gli oggetti liturgici. Erano più simili ai nostri armadi, ma bisognerà aspettare il Quattrocento prima che si diffondessero anche in ambito domestico.
L’arredamento rinascimentale e i suoi cassoni nuziali
Entriamo nel vivo di questa storia dell’arredamento con il periodo cosiddetto rinascimentale, in cui Firenze ebbe un ruolo fondamentale. In questa città emerse un profondo interesse per gli Antichi Greci e Romani, nonché una nuova attenzione per la rappresentazione del corpo umano (con l’anatomia) e degli spazi (con la prospettiva). L’Italia venne riconosciuta come erede diretta di quel rigore e di quella razionalità associati alla cultura classica. Ma, prima ancora di diventare una città-guida per quanto riguardava l’arte e la cultura, Firenze nel Basso Medioevo si era trasformata in una potenza economica e commerciale, con una fiorente borghesia cittadina che divenne la nuova committenza di riferimento delle botteghe artigiane. Nacquero le sette corporazioni delle Arti Maggiori e le quattordici delle Arti Minori, tra cui l’Arte dei Legnaioli.
Queste corporazioni vennero fondate con l’obiettivo di assicurare ai propri soci costanti entrate di lavoro e un sistema di regole che evitava la concorrenza e le ingiustizie. Questo valeva anche per l’Arte dei Legnaioli, sottoposta ad una serie di regole. Ad esempio, venivano distinti i “mobili di foggia”, pezzi d’arredo “standard” che rispettavano le forme e le misure decise dalla corporazione, e i “mobili sfoggiati”, più costosi perché uscivano dal canone ed erano destinati ai committenti più esigenti. Per realizzare mobili di questo tipo, addirittura la bottega doveva chiedere il permesso alla corporazione e pagare una tassa apposita.
Se ci pensiamo, questa distinzione tra “mobili di foggia” e “mobili sfoggiati” non è poi così diversa da quella che abbiamo oggi tra guardaroba “standard” e armadi o cabine armadio custom.
Queste norme garantivano da una parte uniformità nei prodotti ed equilibrio tra i componenti dell’Arte, ma dall’altra era anche un limite. Non a caso questa regola venne cancellata proprio durante il Quattrocento, dato che continuava a crescere la domanda di mobili sempre più lussuosi. Questo permise di distaccarsi dalla tradizione e di sperimentare un nuovo stile, che oggi identifichiamo come arredamento rinascimentale. Certo, il gusto medievale non sparì da un giorno all’altro (soprattutto per quanto riguardava le sedie e gli altri “mobili sostenitori”), ma si diffuse una nuova concezione di mobile.
Nel Quattrocento l’arredo si ispirò alle forme architettoniche classiche. L’architettura era un punto di riferimento obbligato, del resto, dato che non si avevano a disposizione i pezzi autentici costruiti da Greci e Romani. A subire questa influenza furono soprattutto i cassoni, gli armadi e le cassapanche, che tra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento persero la loro funzione “trasportabile” e diventarono dei veri e propri mobili, con decorazioni a pittura o tarsia. I cassoni in particolare divennero così popolari da diventare un tradizionale regalo di nozze: erano i cosiddetti cassoni nuziali.
Alcuni elementi decorativi erano già presenti nel Trecento, soprattutto geometrici, ma con il nuovo secolo si preferirono le pitture narrative, cioè che raccontavano storie, sia antiche che contemporanee. Per i cassoni nuziali ad andare per la maggiore erano le storie d’amore della mitologia greca e romana.
Anche la tarsia ebbe un largo successo come decorazione dei cassoni e di altri mobili. Questa tecnica, padroneggiata dall’Arte dei Legnaioli, consisteva nell’incollare lamine di legno di diverse essenze, o colorate artificialmente, in modo da creare un’alternanza di zone chiare e scure all’interno della decorazione. Uno degli esempi più pregevoli di questa tecnica è lo Studiolo di Federico da Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino.
Nel Quattrocento si affermarono altre tipologie di mobili, come la credenza (usata per conservare cibi e bevande già pronte) e la libreria.
Il Cinquecento tra grottesche e pietre dure
Nel secolo successivo Firenze continuò ad avere un ruolo fondamentale, ma ad essa si affiancarono altre città influenti, prime tra tutte Venezia, Roma e Ferrara. La cultura artistica rivoluzionaria del Quattrocento si istituzionalizzò, andando a far parte dei manuali ufficiali.
Parlando di arredamento, una delle caratteristiche più importanti dell’arredo cinquecentesco è l’uso delle grottesche nelle decorazioni (tipiche della pittura romana all’epoca dell’imperatore Augusto). Le grottesche sono elementi che si rifanno all’immaginario dell’epoca classica e di solito rappresentano animali e figure mostruose insieme a decorazioni naturalistiche o geometriche: ritroviamo chimere, sfingi, delfini, putti, ecc…
Questo gusto per le grottesche si trovava nelle decorazioni dei cassoni e altri oggetti d’arredo, decorazioni che nel Cinquecento cominciarono ad essere più intagliate che dipinte. In particolare il cassone, nato come mobile pratico e funzionale, raggiunse il suo momento di massima decorazione, per poi raggiungere paradossalmente il proprio periodo di decadenza.
Segnaliamo inoltre la fondazione dell’Opificio delle pietre dure di Firenze, voluto dal granduca Ferdinando I de’ Medici nel 1588. Questa istituzione, come suggerisce il nome, si occupava della realizzazione di opere in pietre dure e arredi decorati con intarsi di pietre semipreziose.
Il Barocco dello Stile Luigi XIV
Il Seicento segnò un periodo di rottura con le epoche che abbiamo appena visto, dato che le città italiane smisero di avere l’influenza egemone che avevano avuto prima (anche se continuarono ad avere un ruolo importante). Questo, ovviamente, vale anche per la storia dell’arredamento, in cui abbiamo due poli fondamentali: la Roma barocca dei Papi e la Parigi di Luigi XIV, il Re Sole.
Avvenne un importante cambiamento di tendenza: se durante il Rinascimento l’arredo si ispirava all’architettura, nel Seicento si rifece maggiormente alla scultura. Infatti il mobile rinascimentale era composto da diversi pezzi ed elementi ben distinti che andavano poi assemblati insieme, mentre invece il mobile barocco tendeva ad essere il risultato dell’elaborazione di un unico blocco originario, proprio come accade in scultura. Questo valse soprattutto per i mobili del Barocco romano, in cui anche la stessa decorazione si fece più organica. In generale gli elementi decorativi più diffusi furono la conchiglia e le foglie di palma, seguite da putti, ninfe, satiri, creature fantastiche (sfingi, grifoni, draghi, ecc…), animali (leoni, insetti, serpenti, ecc…), fiori e frutta.
Un’altra importante caratteristica del Barocco di Roma, che si diffuse in tutta Europa, fu l’uso delle dorature per impreziosire ancora di più i mobili. Anche lo stile seicentesco che prende il nome dal Re Sole, lo Stile Luigi XIV, fece propria questa particolarità.
Con Luigi XIV iniziò ufficialmente in Francia l’epoca dell’assolutismo monarchico, il quale si manifestava anche nelle arti e nell’arredamento. Il sovrano e i suoi consiglieri addirittura ostacolarono il mecenatismo e le committenze dei borghesi benestanti per fare in modo che l’arte riconosciuta come nazionale venisse commissionata esclusivamente dal re. Non a caso nel 1648 venne fondata l’Académie royale de peinture et de sculpture, che aveva lo scopo di fissare le nuove regole del gusto.
Lo Stile Luigi XIV fu caratterizzato da una certa varietà coloristica, riscontrabile nell’uso di varie essenze di legno e nell’impiego di colori vivaci come rosso, verde, argento e oro. La policromia veniva data anche attraverso gli intarsi e l’impiego di pietre dure. Nelle decorazioni erano diffuse, oltre alle già citate conchiglie, le foglie d’acanto e i viticci.
Parlando nello specifico dell’armadio, questo diventò sempre più pesante e decorato con satiri, fanciulli e giganti, i quali svolgevano spesso la funzione di elementi portanti. Curiosamente, era l’unico elemento d’arredo a non presentare delle superfici curve, al contrario del resto dell’arredamento Luigi XIV.
Il più celebre mobiliere di quest’epoca fu sicuramente André-Charles Boulle (1642-1732), che nel 1673 divenne l’ebanista ufficiale del re. Nel corso della sua vita realizzò molti dei mobili della reggia di Versailles e lavorò anche per altre importanti corti europee, diventando particolarmente apprezzato per la sua tecnica di intarsi con ottone dorato e lamina di tartaruga.
Lo Stile Luigi XV e gli altri stili del Settecento
Con il Settecento, la Francia diventò il paese-guida di tutta la cultura europea. Tuttavia, questo secolo segnò anche il tramonto dell’assolutismo e l’ascesa di una ricca e potente borghesia. Le cose cambiarono anche nel campo dell’arredamento, anche prima della Rivoluzione Francese. Lo stile monumentale della vita di corte seicentesca sfumò a favore dell’imporsi dei salotti settecenteschi, che richiedevano ambienti più piccoli, comodi e intimi. In quest’epoca i mobili e gli spazi in cui erano inseriti si ridimensionarono per soddisfare i reali bisogni di comfort e lusso delle classi dominanti.
Le correnti artistiche che maggiormente segnarono il Settecento e il suo arredo furono inizialmente il Rococò e, nella seconda metà del secolo, il Neoclassicismo.
In Francia la prima fase del Rococò coincise con il periodo della reggenza di Filippo II d’Orléans, dopo la morte del Re Sole. In questi anni cominciò già una differenziazione funzionale degli ambienti, in modo da avere dei salotti per ricevere, per conversare o per far musica, oltre che per leggere. Anticipando lo Stile Luigi XV, i mobili della reggenza era caratterizzati dall’uso del bronzo dorato o verniciato.
Di grande influenza fu il cosiddetto “gusto rocaille”, un tipo di decorazione che, ispirandosi ai motivi naturali di rocce, conchiglie e gocce d’acqua, divenne particolarmente esuberante e giocato su curve e controcurve.
Tuttavia, fu con lo Stile Luigi XV (che si può far iniziare nel 1730 e finire nel 1760) che si ebbe la piena maturazione del Rococò in arredamento. La figura più influente non fu più il sovrano, al contrario dello Stile Luigi XIV: le protagoniste del nuovo gusto furono donne potenti che condizionarono la moda e il costume del loro secolo, come Madame de Pompadour e Madame du Barry.
Una delle parole-chiave dello Stile Luigi XV è la luminosità, tradotta in carte da parati e policromie dai colori chiari, nonché dall’introduzione della porta-finestra, che permetteva l’ingresso della luce dal livello del pavimento. Gli elementi inseriti nelle decorazioni erano molteplici, formando uno stile eclettico: palme, foglie d’acanto, cordature, perle, conchiglie, scimmiette, grottesche, rosette, ovuli, ecc…
L’ultimo stile dell’ancien régime fu quello di Luigi XVI, a cui fece seguito lo Stile Direttorio, che venne invece influenzato dal Neoclassicismo. Nato come reazione al Rococò e per una rinnovata passione per l’archeologia in Europa, fu caratterizzato dalla scomparsa delle linee curve in favore di composizioni simmetriche, mentre invece le decorazioni riprendevano motivi antichi come candelari, lire, bracieri e vasi.
I migliori mobilieri del periodo neoclassico furono Jean-François Oeben e Jean-Henri Riesener, mentre invece tra gli italiani fu attivo Giuseppe Maggiolini (1738-1814), maestro ebanista.
Stile Impero e revival del XIX secolo
Cosa accadde alla storia dell’arredamento, dopo l’esecuzione di Luigi XVI?
Fu un periodo davvero insolito, per la produzione dei mobili. In Francia i beni della corte e dell’aristocrazia vennero confiscati e messi in vendita, per poi essere acquistati soprattutto dagli inglesi. Di lì a poco sarebbe finito il periodo del Direttorio e sarebbe iniziata l’epoca napoleonica, che avrebbe confermato l’idea di Parigi come capitale d’Europa. Le conquiste di Napoleone contribuirono inoltre all’importazione di opere d’arte straniere, italiane e non solo, cosa che spinse artisti ed artigiani a confrontarsi con la Roma antica.
Se bisogna trovare un fattore comune a tutti gli stili di arredamento dell’Ottocento, quello fu l’Historismus, ossia lo Storicismo, caratterizzato da un profondo interesse nei confronti del passato (anche se nell’Ottocento non mancarono le grandi eccezioni, prima tra tutte l’Impressionismo in arte). Tra revival e orientamenti storicisti, i due stili di arredamento principali di questo secolo furono il Neoclassicismo e il Neogotico, entrambi già presenti nel Settecento.
Accantonando per un po’ il Neogotico, rimaniamo in Francia. Durante l’età napoleonica si affermò il cosiddetto Stile Impero, che fiancheggiò la propaganda imperiale con arredi grandiosi, quasi cesarei. Le caratteristiche formali dell’arredamento in Stile Impero erano la simmetria, le linee squadrate, l’uso di legni scuri e le decorazioni con motivi che rimandano al mondo antico. I mobili, pensati per essere più esteticamente belli che funzionali, erano massicci e pesanti, con una propria autonomia.
Con la caduta di Napoleone e il periodo della Restaurazione, lo stile cambiò con una versione imborghesita dello Stile Impero, preferendo legni chiari per ambienti più accoglienti e linee più curve.
Si aprì però un altro scenario: quello dell’Inghilterra, che fu protagonista dell’inizio della Rivoluzione Industriale. Alcuni personaggi dell’epoca rifiutarono questo profondo cambiamento economico-sociale, che si traduceva anche in prodotti di bassa qualità, per rifugiarsi in un Medioevo idealizzato. Il Neogotico, già di successo tra il 1750 e il 1760, tornò in auge nell’Ottocento con un tipo di arredamento che non corrispondeva al vero gotico medievale, ma ad un’idea di quello che si pensava potesse essere. I primi mobili neogotici ottocenteschi vennero disegnati da Augustus Welby Nothmore Pugin (architetto del Big Ben) per il castello di Windsor.
Nel 1861, come protesta ai processi industriali, William Morris, Peter Paul Marshall e Charles Faulkner fondarono la Morris, Marshall, Faulkner & Co. con l’obiettivo di proporre arredamenti e arti decorative per rimettere al centro la qualità dei manufatti artigianali. In particolare fu William Morris (1834-1896), uno dei principali esponenti del movimento artistico Arts and Crafts (nonché progenitore dell’industrial design), a teorizzare un tipo di lavoro che permettesse agli artigiani di conservare la propria creatività, senza cedere all’alienazione del lavoro meccanico e industriale. Inoltre con le Arts and Crafts di Morris i mobili cominciarono a cambiare, abbandonando la linea neogotica in favore di uno stile che oggi conosciamo come Liberty o Art Nouveau.
Non possiamo però smettere di parlare dell’Ottocento senza aver parlato di due esempi antistoricisti. Il primo è costituito dai mobili brevettati, ossia pezzi d’arredo progettati da ingegneri che, per soddisfare le necessità dei ceti medi, studiarono degli oggetti che potessero svolgere più funzioni, come una poltrona che diventa un divano o un letto che è anche un armadio. I mobili brevettati vennero prodotti soprattutto negli Stati Uniti, una nazione in ascesa.
Il secondo esempio invece è rappresentato dai mobili di Michael Thonet (1796-1871), vero e proprio designer che realizzò le famosissime Sedie Thonet, ancora oggi un classico dell’arredamento moderno. Thonet rivoluzionò in particolare i “mobili sostenitori”, ideando una tecnica che consisteva nell’inumidire il legno attraverso il vapore, in modo da poterlo piegare. L’approccio di Thonet era di grande modernità e fu di notevole ispirazione per il nuovo secolo.
Verso il Novecento
Finisce in piena Belle Époque questa prima parte sulla storia dell’arredamento, che proseguirà presto con tutte le novità portate dal XX secolo (compresa la nascita ufficiale del design).
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